domenica 13 marzo 2011

La vita odierna è sempre più dura..

UNITI PER LA VITA:

ROBERTO SAVIANO:

“Spesso mi si chiede come sia pos­si­bile che delle parole pos­sano met­tere in crisi orga­niz­zazioni crim­i­nali potenti. In ver­ità ciò che spaventa è che tutti pos­sano d’improvviso avere la pos­si­bil­ità di capire come vanno le cose. Avere gli stru­menti che svelino quel che sta dietro” R.S.


Roberto Saviano è nato a Napoli nel 1979. Si è lau­re­ato in Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Fed­erico II.
Com­in­cia la sua car­ri­era nel 2002 scrivendo per  Pulp, Diario, Sud, Il Man­i­festo, Il Cor­riere del Mez­zo­giorno e sul sito web let­ter­ario Nazione Indiana.
Nel marzo 2006 pub­blica il suo primo romanzo “Gomorra”, edito da Mondadori.
L’iniziale tiratura di 5000 copie ter­mina in una set­ti­mana, in pochissimo tempo il libro scala le vette delle clas­si­fiche sia in Italia che all’estero. Tradotto in 53 paesi diventa un best­seller con 2 mil­ioni e mezzo di copie ven­dute in Italia e 4 mil­ioni di copie ven­dute nel mondo.
Gomorra, viag­gio nell’impero eco­nom­ico e nel segno di dominio della camorra” è un romanzo, scritto sulla base di espe­rienze vis­sute, forte­mente accusato­rio nei con­fronti delle attiv­ità del “Sis­tema”: un’organizzazione affaris­tica con ram­i­fi­cazioni impres­sio­n­anti su tutto il pianeta, la cui forza negli anni, è stata sem­pre quella di godere del silen­zio, di essere secante alla grande atten­zione medi­at­ica, di riman­erne ai margini.
Per paura di ved­ersi sem­pre sotto i riflet­tori dell’opinione pub­blica la camorra ha minac­ciato  ripetu­ta­mente Saviano, che dall’ottobre del 2006 vive sotto scorta, per motivi di sicurezza sta­bil­iti dallo Stato, ed è costretto a cam­biare con­tin­u­a­mente dimora.
Da Gomorra sono stati tratti uno spet­ta­colo teatrale, valso a Saviano gli Olimpici del Teatro 2008 come miglior autore di novità ital­iana, e l’omonimo film, diretto da Mat­teo Gar­rone, can­didato al pre­mio Oscar come miglior film straniero e pre­mi­ato a Cannes nel 2008 con il Gran Prix du Jury.
Appare spesso in tele­vi­sione con la lucida con­sapev­olezza che per lui vis­i­bil­ità sig­nifica vita.
Nell’ autunno del 2008 subisce ulte­ri­ori minacce dal clan dei casalesi e molti premi nobel deci­dono di fir­mare in suo favore un appello di sol­i­da­ri­età. Nel novem­bre dello stesso anno viene invi­tato all’Accademia di Stoc­colma – luogo in cui dal 1901 ven­gono asseg­nati i Nobel-  per dis­cutere di lib­ertà di espres­sione e per par­lare di sé, della vita di un perseguitato.
Gli sono state ded­i­cate pun­tate spe­ciali a “Matrix”, “Anno zero”, “L’era Glaciale” e “Che tempo che fa”.
Nel novem­bre 2009 Mon­dadori pub­blica il suo sec­ondo romanzo “La bellezza e l’inferno”,  una rac­colta di arti­coli scritti soprat­tutto sotto regime di protezione.
Il romanzo è diven­tato un monol­ogo teatrale che rac­conta come la parola, da sola, possa rap­p­re­sentare l’unica forma di resistenza di una vita blin­data, come il tal­ento e il cor­ag­gio di per­sone come Miriam Makeba, Lionel Messi pos­sano diventare l’unica forma attra­verso cui la bellezza resiste all’inferno.
Nel marzo 2010 esce invece per Ein­audi un cofanetto con DVD dal titolo “La parola con­tro la Camorra”- il video si apre con un’ orazione civile, un ined­ito asso­luto di quasi un’ora reg­is­trato per l’occasione il 30 otto­bre 2009. Il libro che accom­pa­gna il DVD si com­pone di 3 sequenze: “Una luce costante”, “Cosí parla la mia terra” e “Il rac­conto delle immag­ini.” 
Nel vol­ume si trovano anche scritti di  Wal­ter Siti, Aldo Grasso, Paolo Fab­bri e Benedetta Tobagi.
Roberto Saviano in Italia col­lab­ora con “La Repub­blica” e “L’Espresso”, negli Stati Uniti con il “Wash­ing­ton Post” e il “New York Times”, in Spagna con “El País”, in Ger­ma­nia con “Die Zeit” e “Der Spiegel”, in Svezia con “Expressen” e in Inghilterra con il “Times” .
Per la sua attiv­ità di autore e per l’impegno civile, gli sono stati asseg­nati il Pre­mio Viareg­gio “Opera prima”, il Pre­mio Nazionale Enzo Biagi, il Geschwister-Sholl– Preis, il Pre­mio Gior­nal­is­tico di Lip­sia, il Pre­mio Vàzquez Mon­tal­bàn, il Pre­mio Mar­tinetto e la Lau­rea Hon­oris Causa dell’Accademia di Belle Arti di Brera.

 LA MAFIA 



La prima volta che compare ufficialmente tale vocabolo accostato al senso tutt'ora in uso di organizzazione malavitosa o malavita organizzata è in un rapporto del capo procuratore di Palermo nel 1865, Filippo Antonio Gualterio. Già due anni prima, nel 1863, viene interpretato da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca "I mafiusi de la Vicaria", opera ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo che diffonde i termini mafia, omertà e pizzo in Italia. Tuttavia tra le varie ipotesi più attendibili il termine mafia pare che risalga da due vocaboli di origine araba: MU'AFAH(protezione) o MAHYAS(garantire qualcuno da qualcosa).
Secondo il Pitrè[1] il termine mafiusu indicava una persona, un oggetto o un ambiente "di spicco" e nell'insieme abbia un non so che di superiore ed elevato (...) Una casetta di popolani ben messa, pulita, ordinata, e che piaccia, è una casa mafiusedda e solo dopo l'inchiesta del procuratore palermitano è obbligata a rappresentare cose cattive.
Spesso si è voluto associare - spesso forzatamente - con un qualche vocabolo di origine araba, per la sua radice non facilmente accostabile a termini di origine invece latina o greca, a causa del fatto che la Sicilia - regione ritenuta la "culla" delle principali organizzazioni di questo tipo - fu effettivamente governata da musulmani lungo il X secolo. Secondo Diego Gambetta[2] il vocabolo originario sarebbe stato مهياص (mahyas = spavalderia, vanto aggressivo) o مرفوض (marfud = reietto) da cui proverrebbe il termine mafiusu, sempre secondo il Gambetta, che nel XIX secolo indicava una persona arrogante, prepotente, ma anche intrepida e fiera.
Tuttavia tale origine è messa in discussione dal fatto che non è dimostrato, né attestato l'uso del vocabolo in questione prima della seconda metà del XIX secolo, lasciando ben 8 secoli di silenzio. In merito a ciò ricordiamo quanto scritto già nel 1853 da Vincenzo Mortillaro nel suo Nuovo dizionario siciliano-italiano[3] alla voce Mafia: Voce piemontese introdotta nel resto d'Italia ch'equivale a camorra. Domenico Novacco[4] tuttavia invita alla prudenza, poiché per lui la "boutade" del Mortillaro... era emessa nel solco d’un filo autonomistico siciliano antiunitario che dava ai sabaudi il demerito d’aver introdotto nella immacolata isola cattive tradizioni e tendenze paraispaniche.
In effetti non mancano teorie in merito all'introduzione del vocabolo nell'Isola ricondotta all'unificazione del "Regno d'Italia" e alla missione segreta di Mazzini in Sicilia avvenuta l'anno prima (1860) dell'Unità d'Italia. Secondo tale ipotesi[5] (ripresa poi dall'economista e sociologo Giuseppe Palomba), «MAFIA» non sarebbe altro che l'acronimo delle parole: «Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti». Fino a che punto sia fondato questo studio, rimane però da considerare il significato antropologico non privo di valore riguardo a un'organizzazione segreta a specchi capovolti che sarebbe nata nell'isola con finalità più o meno carbonare[6].
Secondo Santi Correnti[7], che pure rigetta le origini del termine dall'arabo, sarebbe un termine piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano, trovando un riscontro nella parola maffia. Di simile avviso Pasquale Natella[8] che ricorda come a Vicenza e Trento si usasse il vocabolo maffìa per indicare la superbia e la pulizia glottologica (...) va subito applicata in Venezia ove a centinaia di persone deve essere impedito di pronunciare S. Maffìa (...) La diceria copriva, si vede, l’intera penisola e nessuno poteva salvarsi; in tutte le caserme ottocentesche maffìa equivaleva a pavoneggiarsi e copriva il colloquio quotidiano così in Toscana come in Calabria, dove i delinquenti portavano i capelli alla mafiosa.
Sul piano storico e antropologico va comunque osservato che in origine al fenomeno, attecchito sul territorio siciliano, veniva assegnato proprio questo termine esteso poi alle potenti organizzazioni associative a livello mondiale. Rimane comunque il fatto che nell'uso comune il termine mafia è ormai diffuso su larga scala. Per antonomasia e senza qualificazioni si riferisce tuttavia all'organizzazione che ha avuto origine nell'isola come insieme di piccole associazioni sviluppate in ambito agreste. Tali aggregazioni rette dalla legge dell'omertà e del silenzio consolidarono un'immensa potenza in Sicilia e riemersero dopo la seconda guerra mondiale[



 UNITI INSIEME CONTRO OGNI ATTO CRIMINALE,

VOLERE E' POTERE!

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