UNITI PER LA VITA:
ROBERTO SAVIANO:
“Spesso mi si chiede come sia possibile che delle parole possano mettere in crisi organizzazioni criminali potenti. In verità ciò che spaventa è che tutti possano d’improvviso avere la possibilità di capire come vanno le cose. Avere gli strumenti che svelino quel che sta dietro” R.S.
Roberto Saviano è nato a Napoli nel 1979. Si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Comincia la sua carriera nel 2002 scrivendo per Pulp, Diario, Sud, Il Manifesto, Il Corriere del Mezzogiorno e sul sito web letterario Nazione Indiana.
Nel marzo 2006 pubblica il suo primo romanzo “Gomorra”, edito da Mondadori.
L’iniziale tiratura di 5000 copie termina in una settimana, in pochissimo tempo il libro scala le vette delle classifiche sia in Italia che all’estero. Tradotto in 53 paesi diventa un bestseller con 2 milioni e mezzo di copie vendute in Italia e 4 milioni di copie vendute nel mondo.
“Gomorra, viaggio nell’impero economico e nel segno di dominio della camorra” è un romanzo, scritto sulla base di esperienze vissute, fortemente accusatorio nei confronti delle attività del “Sistema”: un’organizzazione affaristica con ramificazioni impressionanti su tutto il pianeta, la cui forza negli anni, è stata sempre quella di godere del silenzio, di essere secante alla grande attenzione mediatica, di rimanerne ai margini.
Per paura di vedersi sempre sotto i riflettori dell’opinione pubblica la camorra ha minacciato ripetutamente Saviano, che dall’ottobre del 2006 vive sotto scorta, per motivi di sicurezza stabiliti dallo Stato, ed è costretto a cambiare continuamente dimora.
Da Gomorra sono stati tratti uno spettacolo teatrale, valso a Saviano gli Olimpici del Teatro 2008 come miglior autore di novità italiana, e l’omonimo film, diretto da Matteo Garrone, candidato al premio Oscar come miglior film straniero e premiato a Cannes nel 2008 con il Gran Prix du Jury.
Appare spesso in televisione con la lucida consapevolezza che per lui visibilità significa vita.
Nell’ autunno del 2008 subisce ulteriori minacce dal clan dei casalesi e molti premi nobel decidono di firmare in suo favore un appello di solidarietà. Nel novembre dello stesso anno viene invitato all’Accademia di Stoccolma – luogo in cui dal 1901 vengono assegnati i Nobel- per discutere di libertà di espressione e per parlare di sé, della vita di un perseguitato.
Gli sono state dedicate puntate speciali a “Matrix”, “Anno zero”, “L’era Glaciale” e “Che tempo che fa”.
Nel novembre 2009 Mondadori pubblica il suo secondo romanzo “La bellezza e l’inferno”, una raccolta di articoli scritti soprattutto sotto regime di protezione.
Il romanzo è diventato un monologo teatrale che racconta come la parola, da sola, possa rappresentare l’unica forma di resistenza di una vita blindata, come il talento e il coraggio di persone come Miriam Makeba, Lionel Messi possano diventare l’unica forma attraverso cui la bellezza resiste all’inferno.
Nel marzo 2010 esce invece per Einaudi un cofanetto con DVD dal titolo “La parola contro la Camorra”- il video si apre con un’ orazione civile, un inedito assoluto di quasi un’ora registrato per l’occasione il 30 ottobre 2009. Il libro che accompagna il DVD si compone di 3 sequenze: “Una luce costante”, “Cosí parla la mia terra” e “Il racconto delle immagini.”
Nel volume si trovano anche scritti di Walter Siti, Aldo Grasso, Paolo Fabbri e Benedetta Tobagi.
Roberto Saviano in Italia collabora con “La Repubblica” e “L’Espresso”, negli Stati Uniti con il “Washington Post” e il “New York Times”, in Spagna con “El País”, in Germania con “Die Zeit” e “Der Spiegel”, in Svezia con “Expressen” e in Inghilterra con il “Times” .
Per la sua attività di autore e per l’impegno civile, gli sono stati assegnati il Premio Viareggio “Opera prima”, il Premio Nazionale Enzo Biagi, il Geschwister-Sholl– Preis, il Premio Giornalistico di Lipsia, il Premio Vàzquez Montalbàn, il Premio Martinetto e la Laurea Honoris Causa dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
LA MAFIA
La prima volta che compare ufficialmente tale vocabolo accostato al senso tutt'ora in uso di organizzazione malavitosa o malavita organizzata è in un rapporto del capo procuratore di Palermo nel 1865, Filippo Antonio Gualterio. Già due anni prima, nel 1863, viene interpretato da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca "I mafiusi de la Vicaria", opera ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo che diffonde i termini mafia, omertà e pizzo in Italia. Tuttavia tra le varie ipotesi più attendibili il termine mafia pare che risalga da due vocaboli di origine araba: MU'AFAH(protezione) o MAHYAS(garantire qualcuno da qualcosa).
Secondo il Pitrè[1] il termine mafiusu indicava una persona, un oggetto o un ambiente "di spicco" e nell'insieme abbia un non so che di superiore ed elevato (...) Una casetta di popolani ben messa, pulita, ordinata, e che piaccia, è una casa mafiusedda e solo dopo l'inchiesta del procuratore palermitano è obbligata a rappresentare cose cattive.
Spesso si è voluto associare - spesso forzatamente - con un qualche vocabolo di origine araba, per la sua radice non facilmente accostabile a termini di origine invece latina o greca, a causa del fatto che la Sicilia - regione ritenuta la "culla" delle principali organizzazioni di questo tipo - fu effettivamente governata da musulmani lungo il X secolo. Secondo Diego Gambetta[2] il vocabolo originario sarebbe stato مهياص (mahyas = spavalderia, vanto aggressivo) o مرفوض (marfud = reietto) da cui proverrebbe il termine mafiusu, sempre secondo il Gambetta, che nel XIX secolo indicava una persona arrogante, prepotente, ma anche intrepida e fiera.
Tuttavia tale origine è messa in discussione dal fatto che non è dimostrato, né attestato l'uso del vocabolo in questione prima della seconda metà del XIX secolo, lasciando ben 8 secoli di silenzio. In merito a ciò ricordiamo quanto scritto già nel 1853 da Vincenzo Mortillaro nel suo Nuovo dizionario siciliano-italiano[3] alla voce Mafia: Voce piemontese introdotta nel resto d'Italia ch'equivale a camorra. Domenico Novacco[4] tuttavia invita alla prudenza, poiché per lui la "boutade" del Mortillaro... era emessa nel solco d’un filo autonomistico siciliano antiunitario che dava ai sabaudi il demerito d’aver introdotto nella immacolata isola cattive tradizioni e tendenze paraispaniche.
In effetti non mancano teorie in merito all'introduzione del vocabolo nell'Isola ricondotta all'unificazione del "Regno d'Italia" e alla missione segreta di Mazzini in Sicilia avvenuta l'anno prima (1860) dell'Unità d'Italia. Secondo tale ipotesi[5] (ripresa poi dall'economista e sociologo Giuseppe Palomba), «MAFIA» non sarebbe altro che l'acronimo delle parole: «Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti». Fino a che punto sia fondato questo studio, rimane però da considerare il significato antropologico non privo di valore riguardo a un'organizzazione segreta a specchi capovolti che sarebbe nata nell'isola con finalità più o meno carbonare[6].
Secondo Santi Correnti[7], che pure rigetta le origini del termine dall'arabo, sarebbe un termine piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano, trovando un riscontro nella parola maffia. Di simile avviso Pasquale Natella[8] che ricorda come a Vicenza e Trento si usasse il vocabolo maffìa per indicare la superbia e la pulizia glottologica (...) va subito applicata in Venezia ove a centinaia di persone deve essere impedito di pronunciare S. Maffìa (...) La diceria copriva, si vede, l’intera penisola e nessuno poteva salvarsi; in tutte le caserme ottocentesche maffìa equivaleva a pavoneggiarsi e copriva il colloquio quotidiano così in Toscana come in Calabria, dove i delinquenti portavano i capelli alla mafiosa.
Sul piano storico e antropologico va comunque osservato che in origine al fenomeno, attecchito sul territorio siciliano, veniva assegnato proprio questo termine esteso poi alle potenti organizzazioni associative a livello mondiale. Rimane comunque il fatto che nell'uso comune il termine mafia è ormai diffuso su larga scala. Per antonomasia e senza qualificazioni si riferisce tuttavia all'organizzazione che ha avuto origine nell'isola come insieme di piccole associazioni sviluppate in ambito agreste. Tali aggregazioni rette dalla legge dell'omertà e del silenzio consolidarono un'immensa potenza in Sicilia e riemersero dopo la seconda guerra mondiale[
UNITI INSIEME CONTRO OGNI ATTO CRIMINALE,
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